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LE FIABE PORTOGHESI


Sorengo, Centro Incontro Cortivallo, 20 dicembre 2012
introduzione di Pia Todorovic Redaelli
Per cominciare vorrei fare un brevissimo accenno alla storia e alla geografia del Portogallo.

La storia del Portogallo, come nazione europea e atlantica, affonda le sue radici nell’alto medioevo. Tra il Quattrocento e il Cinquecento il Portogallo diventò una potenza mondiale, poiché riuscì a formare un vasto impero marittimo che andava dal Sudamerica, all’Africa, all’Australasia. Nei due secoli successivi il Portogallo perse la maggior parte della sua ricchezza e delle sue colonie a favore degli olandesi, degli americani e dei francesi. I primi segni della decadenza portoghese si videro con l’incorporazione del Portogallo nell’Unione Iberica alla fine del XVI secolo. Nel 1755 la capitale Lisbona subì un grave terremoto. Agli inizi dell’Ottocento il Portogallo fu invaso dalle truppe napoleoniche. Nel 1822 il Brasile ottenne l’indipendenza. Tra l’Ottocento e il Novecento più di due milioni di portoghesi emigrarono all’estero; le destinazioni preferite furono il Brasile e il Nordamerica. Nel 1910 ci fu una rivoluzione che depose il monarca ed instaurò una repubblica. Tuttavia il nuovo regime repubblicano fu molto instabile, così si arrivò ad un colpo di stato militare nel 1926, che insediò al potere Antonio de Oliveira Salazar. La dittatura rimase al potere fino al 1974 quando venne rovesciata da un nuovo colpo di stato dei militari, ad orientamento socialdemocratico. Il nuovo governo promosse riforme democratiche e concesse l’indipendenza alle colonie africane. Il Portogallo è membro fondatore della NATO, dell’OECD e dell’EFTA. Nel 1986 entrò a far parte della Comunità economica europea.

Geograficamente il Portogallo ha quattro frontiere. Al nord confina con la Galizia, con la quale, durante il medioevo, condivise non solo la lingua, ma anche la letteratura. Dal XII al XIV secolo il gallego fu anche la lingua della lirica cortigiana spagnola. Ad est confina con la Spagna alla quale è strettamente legato da una cultura comune e da una storia fatta di alleanze e di conflitti. A sud confina con il mondo degli Arabi o dei Mori che invasero la penisola iberica nel 711 per rimanervi fino al XII secolo, rispettivamente fino al XIII secolo nell’Algarve. Con La Reconquista, i regni moreschi musulmani vennero cacciati dai sovrani cristiani. La Reconquista culminò nel 1492, quando l’ultimo dei governanti musulmani, Boabdil di Granada, venne espulso dalla Penisola. La quarta frontiera è costituita dall’Atlantico e dalle isole portoghesi, Madeira e le Azzorre.

Tra le ex-colonie, il Brasile ha la stessa lingua e, in parte, anche gli stessi racconti popolari. Le ex-colonie africane, invece, usano, dalla loro indipendenza nel 1975, ancora il portoghese come lingua ufficiale, ma le loro fiabe e leggende non hanno nulla a che fare con il folclore portoghese e non vengono narrate in portoghese. Le fiabe, in portoghese, si chiamano contos, contos de fadas (fiabe di fate) o contos de encantos (fiabe di magia) I primi elementi fiabeschi portoghesi si trovano nelle pièces teatrali del popolare Gil Vincente che visse dal 1465-1536. Fondamentale è però lo scrittore Gonçalo Fernandes Trancoso, nato intorno al 1515 (tra il 1515-20 (?) e morto, probabilmente, prima del 1585 a Lisbona. Trancoso scrisse Contos e historias de proveito e exemplo, che potremmo tradurre come Racconti e storie che servono da utile esempio. Si tratta di 40 racconti ancorati nella tradizione degli exempla. La prima edizione del 1575 fu messa al bando dall’Inquisizione e si è conservata in un’ unica copia. I Contos di Trancoso furono fino alla fine del Settecento uno dei libri più letti nel Portogallo. Sono impregnati di una morale molto severa e di ortodossia religiosa. Nei racconti di Trancoso troviamo eroi popolari e tante fiabe, in cui i problemi vengono risolti con l’astuzia. Sono messi in rilievo gli insegnamenti morali e gli elementi fantastici vengono sostituiti con quelli religiosi. Dopo Trancoso bisogna aspettare a lungo altre raccolte di racconti popolari. Solo verso la fine dell’Ottocento i folcloristi scopriranno le tradizioni del popolo. Il merito di aver portato alla luce questi tesori nel Portogallo spetta soprattutto a quattro studiosi, e cioè a Francisco Adolfo Coelho, Zofimo Consiglieri Pedroso, Teofilo Braga e Leite de Vasconcellos. Francisco Adolfo Coelho (1847-1919) era filologo, linguista, studioso della letteratura, etnologo, pedagogo e raccoglitore di fiabe. Dal 1878 insegnò filologia comparata all’Università di Lisbona. Nel 1879 pubblicò, sul modello delle fiabe dei fratelli Grimm, i Contos populares portuguezes. Il materiale pubblicato è solo una parte della sua vasta raccolta. Coelho, nella prefazione, garantisce l’autenticità delle sue fiabe. In realtà una parte dei racconti sono stati scritti da persone colte. Inoltre i narratori vennero scelti in base alla loro capacità di esprimersi senza cadere in grossolanità. La raccolta contiene 75 narrazioni (26 dalla bocca di gente del popolo e 49 dalla penna di persone colte). Coelho non si fece neanche scrupoli a rielaborare i racconti. Per questi motivi non si può certo parlare di testi autentici,ma le narrazioni di Coelho diedero un grande impulso ad altri raccoglitori portoghesi e contribuirono a diffondere la conoscenza del folclore portoghese tra gli studiosi in tutta l’Europa.

Zofimo Consiglieri Pedroso (1851-1910), di origine genovese, fu un politico, scrittore, professore, storico e folclorista portoghese e collaboratore di Coelho. È storicamente famoso per essersi dedicato a studi approfonditi sul folklore portoghese, da cui trasse ampio materiale per le sue raccolte di fiabe tradizionali. I suoi Contos populares portugueses apparvero tra il 1896 e il1906. La raccolta contiene 75 racconti, che sono stati tradotti anche in inglese. Ebbe molto successo in tutta l’Europa. La raccolta completa, inedita, di Consiglieri Pedroso contiene 500 racconti.

Joaquim Teofilo Fernandes Braga (1843-1924) fu un politico, poeta e folclorista portoghese, primo Presidente della Repubblica dopo la caduta della monarchia dal 1910 al 1911 e poi, brevemente, nel 1915. Studiò a Coimbra prima di incominciare la carriera di giornalista e quella di docente universitario di letteratura a Lisbona. Braga si distinse per la ricerca della letteratura popolare. Le opere più significative a tal proposito furono i Canti tradizionali del popolo portoghese del 1883. Il popolo portoghese nei suoi costumi, credenze e tradizioni del 1885 e Storia della poesia popolare portoghese del 1902. Nel 1883 videro la luce i Contos tradicionaes do Povo Portuguez (Fiabe tradizionali del popolo portoghese). Il primo volume contiene 57 fiabe di magia, il secondo 90 novelle, facezie e fiabe a catena.

Leite de Vasconcellos (1858-1941) è il più importante folclorista portoghese. Fu naturalista, medico, etnologo e filologo. È stato il primo etnologo che cominciò a studiare la letteratura orale del Portogallo sul campo. Il suo metodo etnografico fu molto moderno, Leite de Vasconcellos trascrisse, infatti, esattamente i risultati delle sue ricerche. Inoltre raccolse più varianti della stessa fiaba, rendendosi conto che non c’è una forma giusta, ma che ogni volta che una storia viene raccontata, si presenta in una veste diversa. Tra il 1877 e il 1940 mise insieme una delle più vaste raccolte di racconti popolari portoghesi: 674 fiabe, di cui circa 100 fiabe di magia. Da menzionare, infine, la raccolta di F.X. Athaide Oliveira: Contos Tradicionaes do Algarve, messa insieme tra il 1899 e il 1904) che contiene 440 fiabe, di cui 150 fiabe di magia. Questa raccolta si distingue in due punti: le fiabe presentate sono spesso varianti straordinarie del loro tipo e la qualità dei testi è eccellente. Al giorno d’oggi è soprattutto il Centro de Estudos Athaide Oliveira all’ Università dell’Algarve ad occuparsi dello studio della letteratura orale portoghese. Dispone di un archivio, diretto da I. Cardigos, che allestisce il catalogo dei racconti popolari portoghesi e pubblica, dal 1995 la rivista annuale Estudos de Literatura Oral.

Seconda parte
In questa seconda parte cercherò di darvi una breve descrizione delle figure più diffuse e dei temi più ricorrenti nelle fiabe portoghesi. Intendo fiabe in senso largo, non solo fiabe di magia, ma anche facezie, leggende di santi e leggendo locali che spesso, più delle fiabe, permettono di farsi un’idea delle condizioni sociali del popolo. Nella maggior parte delle fiabe portoghesi ritroviamo temi conosciuti e situazioni familiari, ma spesso la maniera con cui questi vengono trattati, sono tipicamente portoghesi. La posizione geografica del Portogallo, sull’Atlantico, si riflette anche nelle fiabe, in cui troviamo molto spesso elementi dal mondo del mare, della pesca e dei viaggi per mare. I pesci non sono semplicemente pesci, ma hanno nomi ben specifici, come, per esempio nasello o sciarrano. In una fiabe dell’Algarve si parla della pesca con l’arpione, il che è da collegare al fatto che proprio in questa regione il tonno si pesca con l’arpione.

Anche la venerazione dei santi, tipica nel Portogallo cattolico, si riflette nelle fiabe portoghesi. Molto spesso, in situazioni pericolose o difficili, le eroine e gli eroi invocano i santi che prendono così il posto degli aiutanti soprannaturali. Tra i santi più popolari e amati troviamo Sant’Antonio di Padova, considerato santo portoghese, in quanto è nato nel 1195 a Lisbona ed ha vissuto a lungo a Coimbra. Nella fiaba portoghese diventa padrino di bambini poveri che aiuta poi in tutte le avventure della vita. In molte fiabe compare anche l’arcangelo Michele che aiuta gli eroi a vincere il diavolo. Non può mancare, naturalmente, neanche l’apostolo San Giacomo sepolto a Santiago de Compostela in Galizia che aiuta gli eroi nella lotta contro gli infedeli. La Vergine Maria sostituisce in molte fiabe l’aiutante soprannaturale e compare anche in una fiaba che racconta la fuga in Egitto: Quando la Vergine, San Giuseppe e Gesù bambino fuggirono in Egitto trovarono rifugio in un fienile. Un ragno intessè una rete finissima davanti alla porta del fienile. Così, quando i soldati di Erode passarono e videro la ragnatela, pensarono che da tempo nessuno fosse entrato nel fienile e non trovarono i rifugiati.

Tra le fiabe religiose troviamo anche quella delle dodici parole della verità, in cui un uomo che ha venduto l’anima al diavolo si salva solo recitando le dodici parole della verità che sono: la stalla di Betlemme, in cui è nato Gesù Bambino, le due tavole di Mosè, la trinità, i quattro evangelisti, le cinque piaghe di Gesù Cristo, le sei candele sull’altare maggiore di Gerusalemme, i sette sacramenti, gli otto cori di angeli seduti accanto a Dio Padre, i nove mesi, in cui la Madonna ha portato Gesù bambino sotto il suo cuore, i dieci comandamenti, le undici mila vergini, i dodici apostoli. Queste parole venivano anche pronunciate, avanti e indietro, sul letto di morte. Perdevano però tutta la loro efficacia se il moribondo si sbagliava.

Il ricordo dei cinque secoli di dominio moresco sopravvive nelle fiabe, ma soprattutto nelle leggende. Ne abbiamo sentita una proprio all’inizio della serata letta da Maria Benassi in italiano e da Ilda Bavero-Teles in portoghese. In molti racconti i mori sono dei malvagi che praticano la magia nera. Nelle leggende locali i mori, quasi sempre stregati, vengono associati a certe rocce o a tesori nascosti. Spesso una mora presenta i suoi tesori in forma, p.es. di carboni o di altri oggetti senza valore. Solo a casa l’eroe si accorge che in realtà questi oggetti, che lui ha gettato in parte, si sono trasformati in oro. Il tentativo di ricuperarli fallisce. Si racconta, per esempio che una mora doveva partorire. Suo marito chiama una levatrice che, dopo la nascita del bambino, viene ricompensata con una manciata di carboni. Tornando a casa, li lascia cadere per la strada perché, tanto, non valgono niente. Solo tre o quattro carboni rimangono nella tasca del suo grembiule. Quando si sveste, i carboni cadono a terra. Il mattino seguente vede che si sono trasformati in oro. Subito va alla ricerca dei carboni gettati, ma non trova più nulla.

Una delle figure più popolari delle facezie portoghesi è Pedro de Malas Artes oder Pedro de Malasarte, di cui abbiamo sentito la storia Pedro il buono a nulla letta da Mariadele Patriarca. In questa storia Pedro è veramente uno sciocco, mentre in tanti altri racconti è piuttosto un furbacchione. In questa forma è molto popolare anche in Brasile, dove l’autore brasiliano Graça Aranha gli ha dedicato persino una pièce teatrale.

Molto amata anche la figura del frate Giacomo senza preoccupazioni (Frei Joao sem cuidados) che compare già nei Contos e historias de proveito e exemplo di Trancoso, di cui ho parlato nella prima parte. E’ la storia di un frate senza preoccupazioni al quale il re pone tre domande difficilissime che gli fanno dimenticare la vita spensierata che aveva condotto fino a quel momento. Sarà il mugnaio a tirarlo d’impiccio.

Molto popolari sono anche gli scherzi sugli spagnoli, in cui questi ultimi fanno sempre la figura dello scemo come nella breve barzelletta che vi voglio raccontare: Un andalusiano e un galiziano (cioè portoghese) si incontrarono una volta sul treno e cominciarono a punzecchiarsi. L’andalusiano disse al suo compagno di viaggio: “Nella mia patria ho visto un cavolo tanto grande che occupava quattro chilometri quadrati”. Il galiziano rispose: “Nella mia patria fanno una caldaia che è tanto enorme che cento calderai vi lavorano e quando uno batte con il martello, gli altri non lo sentono”. “E perché c’è bisogno di una caldaia così grande?” chiese l’andalusiano. “Per cucinare il tuo cavolo”, gli rispose con un sorriso furbo il galiziano.

Una figura diffusa nella letteratura e nelle fiabe è quella dell’emigrato che torna dal Brasile, chiamato semplicemente “brasiliano”. Compare, per esempio, in un brevissimo racconto di un contadino che torna nel suo paese e non vuole più aver niente a che fare con i suoi compaesani. Fa persino finta di non conoscere più i nomi degli attrezzi con cui si lavora la terra. Un bel giorno vede un rastrello e chiede come lo deve chiamare. Prima che gli altri glielo possano dire, inciampa sul rastrello che lo colpisce in faccia. Allora comincia a bestemmiare, nominando chiaramente il rastrello. Non ne aveva per niente dimenticato il nome.

Per finire due parole sulle fiabe portoghesi più popolari e più raccontate. Tra di loro c’è, per esempio, Carochinha (AT 2023), che racconta la storia di una formichina che trova un soldo, si compra vestiti nuovi e si siede sull’uscio della sua casetta. Carochinha è talmente diffusa che il nome è diventato addirittura sinonimo di fiaba. Molto popolare anche la fiaba della donna che, andando al matrimonio della figlia, incontra il lupo che minaccia di mangiarla. La donna gli dice di aspettare che sarà un boccone molto più appetitoso al ritorno dal matrimonio. Al ritorno, su consiglio della figlia, la donna si nasconde in una zucca e quando il lupo le chiede se ha visto una vecchietta gli risponde di no. Così si salva ed il lupo rimane a bocca asciutta. Tra le fiabe più amate è anche quella del principe con le orecchie d’asino che ci è stata raccontata da Candida Willemse Matasci. A Barcelos, un comune situato nel distretto di Braga nel nord del paese è legato uno dei simboli non ufficiali del Portogallo: un gallo nero col corpo variopinto ed una cresta rossa. La leggenda narra che un mercante gallego, giunto a Barcelos, fu accusato ingiustamente di omicidio e condannato alla forca. Disperato, dopo aver pregato la Madonna di salvarlo, il condannato chiese ai detentori di essere portato a casa del giudice che lo aveva condannato per chiedere clemenza. Giunto all’ora di pranzo iniziò ad implorare il giudice mentre questi si accingeva a mangiare un gallo arrostito. Colto da un impulso di fede, il mercante affermò che se il gallo si fosse alzato ed avesse iniziato a cantare, questo miracolo avrebbe provato la sua totale innocenza. Così avvenne e fu liberato. Da quel giorno il Galo de Barcelos è uno dei simboli della tradizione portoghese: simboleggia la fede, la buona fortuna e la giustizia.